PROF. EUGENIO SANTORO
Il Professor Eugenio Santoro, specialista in chirurgia oncologica e Presidente della Fondazione San Camillo-Forlarini ha presentato il suo ultimo libro “Medicina e chirurgia al tempo degli etruschi”, in collaborazione con il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Una pluriennale e fondamentale collaborazione senza la quale non sarebbe stato possibile avere notizie del popolo etrusco in quanto non vi sono testi scritti se non notizie della medicina degli etruschi trasmesse in maniera frammentaria da altri autori greci e latini. L’archeologia e i reperti ritrovati hanno invece permesso una ricostruzione realistica, seppur parziale, dell’arte medica di quella civiltà, dalle patologie che l’affliggevano ai rimedi rigorosamente naturali cui facevano ricorso, oltre l’uso delle acque termali delle quali i territori etruschi erano e sono tuttora particolarmente ricchi.
Lo studio della Medicina degli Etruschi porta a fare un salto nel passato di circa venticinque secoli fa, quando quel popolo occupava l’Italia centrale da Veio a Mantova, fino alla vittoria da parte dei romani delle battaglie dal terzo secolo avanti Cristo; da questo periodo in poi del popolo etrusco non vi è più traccia nella storia. Parlare però di chirurgia o dell’arte chirurgica al tempo degli Etruschi è prematuro: la medicina per la civiltà etrusca era un misto di superstizione e di magia, gestita da sacerdoti-aruspici la cui funzione non corrispondeva a quella della chirurgia di oggigiorno.
Nella civiltà etrusca la pratica medica era considerata direttamente proveniente dal volere degli Dei, per questo le attività mediche erano affidate ai Sacerdoti ed ai Capifamiglia. La vicinanza alla religione facilitava il compito della medicina sacerdotale: se il risultato era positivo veniva considerato miracolo, al contrario, il cattivo esito veniva attribuito alla divina volontà, salvaguardando così la propria posizione carismatica.
Interesse primario della società etrusca, allora come ancora oggi era la maternità e l’infanzia. Molte sono le statue in pietra e terracotta conservate risalenti alla civiltà preromana che rappresentano la dea protettrice del parto e del neonato. Quando le gravidanze non andavano a buon fine e le mamme morivano a causa di parti complicati, si procedeva con l’estrazione chirurgica del bambino, l’attuale taglio cesareo.
Restano ignote le condizioni di salute degli Etruschi in quanto non vi sono testi scritti che ne parlano. Le poche notizie provengono dai ritrovamenti archeologici di pitture tombali, o immagini riportate sul vasellame ma anche dalle analisi antropologiche dei resti ossei rinvenuti. Secondo la tipologia di ritrovamenti archeologici, sembrerebbe che la maggiore qualità della medicina etrusca riguardava l’odontoiatria e l’ostetricia. La mortalità infantile e le malformazioni del neonato erano uno dei principali problemi dell’epoca in quanto il sesso era uno dei piaceri della vita, insieme al cibo. La donna etrusca godeva di grandi libertà ed era padrona della propria vita. Poiché la contraccezione era sconosciuta e altrettanto sconosciuto era il problema della consanguineità, era elevato il numero di nascite e venivano tramandate malattie ereditarie attraverso le unioni tra parenti.
I denti degli Etruschi rappresentano una preziosa fonte di informazioni sulle caratteristiche di quel popolo. Sono molti i ritrovamenti grazie ai quali è stato possibile dedurre che avevano grande cura per la bocca, vista l’assenza di carie dentarie. Il gran numero di protesi suggerisce quanto gli Etruschi tenessero all’estetica e al sorriso, ma anche all’interesse verso il cibo, difendendo così l’attività masticatoria. Sono molti i musei che oggi in Italia conservano materiale odontoiatrico etrusco, le cui soluzioni sono ancora oggi valide.
Gli Etruschi erano dei veri artisti-artigiani con un’elevata qualità professionale. Utilizzavano oro e metalli preziosi per realizzare protesi e corone adatte alle esigenze con risultati eccellenti. Se tutto questo materiale odontoiatrico è giunto fino ai nostri giorni è perché gli Etruschi consideravano il cadavere intoccabile, per cui i defunti venivano sepolti con le protesi, anche se d’oro.
Un grave problema che incideva sulla durata della vita le cui aspettative non superavano i quarant’anni era quello delle infezioni che aggredivano le ferite provocate durante l’attività lavorativa oppure nell’ambiente domestico compresi i rapporti sessuali e anche i polmoni sotto forma di tubercolosi. Per tutte queste patologie interveniva la Medicina sacerdotale, attraverso la magia e la superstizione, con risultati affatto positivi. Attraverso i numerosi ex voto raccolti in tutta Italia sono evidenti anche altre patologie ossee delle mani e dei piedi come l’artrite reumatoide e l’alluce valgo.
Negli anni gli etruschi svilupparono una medicina basata sui prodotti della natura: capirono che nelle piante, nei vegetali, nelle acque era possibile trovare i rimedi contro le malattie. La medicina etrusca quindi era basata sull’impiego di piante officinali delle quali la natura era ricca. Tra questi alberi, un ruolo preminente spetta all’ulivo. Attraverso il succo delle olive, allora come oggi, venivano prodotti oli medicinali contenenti sostanze curative, con virtù medicinali tanto per uso esterno che interno.